300
Ho
passato i cipressi
l'erba
dei campi
gli
occhi dei bambini
le
donne sui balconi...
nei
300 chilometri.
Ho
spinto più forte sui pedali
per
sfiorar con la testa le nuvole
per
rincorrere la gazza
per
sfidare il cavallo al di là dello steccato
beffeggiato
dalla cicala
che
cantava sull'orlo della fortuna
sotto
un'ala di montagna.
Ho
mormorato disperazione
per
quando non potrò far più il corridore
le
ginocchia sprigionavano sudore
e
le caviglie, i piedi e le dita
con
tutti quegli angoli e spigoli bui
hanno
sgualcito i calzini e le scarpe da corsa.
Ho
pedalato fino a Castellania
centocinquanta
chilometri
la
maglia sudata
la
pancia vuota
nel
paese di quel gigante
per
veder degli altri grandi
passare
e fuggire via.
Il
giro era il lampo
ed
io lo inseguivo
giù
dalla discesa
sino
ad agganciare la coda ad un tornante
per
un grande venni acambiato
e
per grande fui incitato
tutto
presi
nulla
concessi.
Nessub
indugio
era
tempo di tornare
che
la sera mi sorprendesse non potevo rischiare
altri
150 ne dovevo fare
se
a casa volevo tornare.
Quella
cifra
mi
ballava davanti
liberata
dalla vita dei desideri
dalle
occhiaie nere d'insonnia
dalla
mia forma perfetta.
Spingevo,
spingevo
calcavo
il pedale
e
più ancora lo pressavo
da
stanco su per le colline
che
si dipingevano da montagne
le
facce sparivano
le
macchine sparivano
solo
la strada rimaneva
silente
e nera
ed
il sole in faccia
a
ovest, calante.
Quel
ricordo mi segue d'appresso
anche
oggi, anche adesso
di
quell' anime incitanti
e
di quelle silenti e nascoste
che
battevano gli occhi
che
battevano le mani
che
mi porgevano l'acqua
per
bere insieme alla loro
soddisfazione.
Ma
io non sono un grande
un
figlio d'arte
non
sono un puro che ha fatto la trafila
sulle
spalle non ho mai avuto un mantello
ma
una mantellina arancio sferzata dal vento
il
temporale era cominciato
fino
ad Asti mi avrebbe accompagnato
nemmeno
un panino avanzato
al
curvone la trattoria
butto
l'occhio distratto sul menù.
Noi
siamo i chilometri
quelli
che non volevamo fare
quelli
che non c'erano sulla cartina
quelli
che poi forse la catena scende
ma
non è ancora scesa.
E
quasi sera
è
primavera
Ho
spinto più forte sui pedali
per
sfiorar con la testa le nuvole
per
rincorrere la gazza
per
sfidare il cavallo al di là dello steccato
beffeggiato
dalla cicala
che
cantava sull'orlo della fortuna
sotto
un'ala di montagna.
Ho
mormorato disperazione
per
quando non potrò far più il corridore
le
ginocchia sprigionavano sudore
e
le caviglie, i piedi e le dita
con
tutti quegli angoli e spigoli bui
Hanno
sgualcito i calzini e le scarpe da corsa.
E'
quando fui al chilometro
trecento
la
maglia sudata
con
quei due zeri
che
mi ballavano davanti
liberato
dalla vita dei desideri
dalle
occhiaie nere d'insonnia
seppi
che avevo compiuto un'impresa
una
bella esperienza
e
i chilometri erano 330.
Massimo
Longo, votato dalla giuria dei docenti si è classificato al primo
posto a pari punteggio con Chiara Lenardo con la poesia: Capita.
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