lunedì 13 febbraio 2012


300



Ho passato i cipressi

l'erba dei campi

gli occhi dei bambini

le donne sui balconi...

nei 300 chilometri.



Ho spinto più forte sui pedali

per sfiorar con la testa le nuvole

per rincorrere la gazza

per sfidare il cavallo al di là dello steccato

beffeggiato dalla cicala

che cantava sull'orlo della fortuna

sotto un'ala di montagna.



Ho mormorato disperazione

per quando non potrò far più il corridore

le ginocchia sprigionavano sudore

e le caviglie, i piedi e le dita

con tutti quegli angoli e spigoli bui

hanno sgualcito i calzini e le scarpe da corsa.



Ho pedalato fino a Castellania

centocinquanta chilometri

la maglia sudata

la pancia vuota

nel paese di quel gigante

per veder degli altri grandi

passare e fuggire via.



Il giro era il lampo

ed io lo inseguivo

giù dalla discesa

sino ad agganciare la coda ad un tornante

per un grande venni acambiato

e per grande fui incitato

tutto presi

nulla concessi.



Nessub indugio

era tempo di tornare

che la sera mi sorprendesse non potevo rischiare

altri 150 ne dovevo fare

se a casa volevo tornare.



Quella cifra

mi ballava davanti

liberata dalla vita dei desideri

dalle occhiaie nere d'insonnia

dalla mia forma perfetta.



Spingevo, spingevo

calcavo il pedale

e più ancora lo pressavo

da stanco su per le colline

che si dipingevano da montagne

le facce sparivano

le macchine sparivano

solo la strada rimaneva

silente e nera

ed il sole in faccia

a ovest, calante.



Quel ricordo mi segue d'appresso

anche oggi, anche adesso

di quell' anime incitanti

e di quelle silenti e nascoste

che battevano gli occhi

che battevano le mani

che mi porgevano l'acqua

per bere insieme alla loro

soddisfazione.



Ma io non sono un grande

un figlio d'arte

non sono un puro che ha fatto la trafila

sulle spalle non ho mai avuto un mantello

ma una mantellina arancio sferzata dal vento

il temporale era cominciato

fino ad Asti mi avrebbe accompagnato

nemmeno un panino avanzato

al curvone la trattoria

butto l'occhio distratto sul menù.



Noi siamo i chilometri

quelli che non volevamo fare

quelli che non c'erano sulla cartina

quelli che poi forse la catena scende

ma non è ancora scesa.



E quasi sera

è primavera



Ho spinto più forte sui pedali

per sfiorar con la testa le nuvole

per rincorrere la gazza

per sfidare il cavallo al di là dello steccato

beffeggiato dalla cicala

che cantava sull'orlo della fortuna

sotto un'ala di montagna.



Ho mormorato disperazione

per quando non potrò far più il corridore

le ginocchia sprigionavano sudore

e le caviglie, i piedi e le dita

con tutti quegli angoli e spigoli bui

Hanno sgualcito i calzini e le scarpe da corsa.



E' quando fui al chilometro

trecento

la maglia sudata

con quei due zeri

che mi ballavano davanti

liberato dalla vita dei desideri

dalle occhiaie nere d'insonnia

seppi che avevo compiuto un'impresa

una bella esperienza

e i chilometri erano 330.



Massimo Longo, votato dalla giuria dei docenti si è classificato al primo posto a pari punteggio con Chiara Lenardo con la poesia: Capita.


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